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Con il Covid abbiamo sperimentato la quarantena domiciliare, costretti a stare chiusi dentro casa.
La casa, soprattutto per le persone più ansiose è diventata un luogo sicuro capace di proteggerci dai pericoli esterni ma adesso che ci ritroviamo nella fase due molte persone fanno fatica a rompere il guscio protettivo nel quale si sono trovate, a ricominciare a uscire, hanno paura degli altri, hanno paura del contagio, hanno paura di potersi infettare.

Così paradossalmente la casa che era un luogo sicuro, un porto dal quale partire per esplorare il mondo rischia di diventare una trappola e non sappiamo più a quali risorse attingere per ricominciare a vivere all’esterno.

Assisto sempre più frequentemente clienti terrorizzati all’idea di andare fuori, una sorta di agorafobia però strettamente collegata agli effetti dell’epidemia.
Chi soffre d’ansia cerca costantemente di allontanare ed evitare le proprie paure ma paradossalmente proprio questo comportamento crea l’effetto opposto a quello desiderato poiché il comportamento di evitamento porta come effetto proprio un irrobustimento della reazione d’ansia.

Quali suggerimenti possiamo introdurre per riprendere le nostre normali attività?

Una delle strategie possibili ci viene offerta dalla psicoterapia cognitivo comportamentale, attraverso l’esposizione graduale. Questa si è dimostrata un buon trattamento per moltissimi disturbi d’ansia.

Ma come funziona? come fare?

Cercare di svolgere piccolissime attività che ci facciano sentire al sicuro, creare una piccola scaletta di obiettivi, chiari e dettagliati, che sono attività da fare fuori da casa, provando a pianificare le attività da svolgere e man mano aumentare sempre di più il nostro raggio d’ azione. Quindi ricominciare a uscire con piccolissimi passi e comportamenti: passeggiare il cane, buttare l’immondizia, comprare il pane, in un crescendo di piccole sfide che adottiamo verso noi stessi.

Non scoraggiamoci se abbiamo paura, se alle volte abbiamo la sensazione di tornare indietro.

L’esposizione graduale aiuta a riprogrammare il cervello. Non si tratta solo di addestrarci alle proprie paure, ma si insegna al cervello a smettere di inviare il segnale della paura.

Non deve esser fatto in modo radicale e rapido. Quello che si deve fare è organizzare in maniera sistematica degli esercizi che permettano di esporsi ciò che si teme, e poi rimanere li, assicurandosi che la paura si plachi. Possiamo per questo usare varie metodologie di rilassamento, quali lo spostamento dell’attenzione o la respirazione.
Riuscire gradualmente a fare qualcosa che prima sembrava impossibile è la risorsa interna che fa sparire la paura e aumenta la percezione di potersi controllare.

Buon lavoro!

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